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Ninfee Nere- Michel Bussi

Ho finito Ninfee nere da diverse settimane ma non mi decidevo a scrivere la recensione perché è davvero diffcile senza fare spoiler.
Ci provo:)

Iniziamo col dire che ho acquistato il libro attratta più che altro dall’ambientazione.
Chi ama gli impressionisti e Monet in particolare come fa a restare indifferente a un thriller che colloca i suoi personaggi a Giverny,
il villaggio dove è vissuto, ha dipinto ed è morto proprio Claude Monet.

Giverny è il luogo dove “il pittore strampalato ha deviato il corso di un fiume per creare uno stagno e si è rinchiuso per trent’anni a dipingere ninfee”
Le mie aspettative non sono state deluseo. Ho amato l’atmosfera che si respira nel libro.
Avete presente quando Mary Poppins salta nel quadro con i bambini e Bert?
Ecco l’esperienza è simile.

Mi sono fatta incantare anche io dal caleidoscopio di luci e colori, che avvolge, confonde, mistifica e trascina.
La storia non mi ha presa da subito, anzi all’inizio ero un po’ perplessa,
poi, però, ho abbandonato le mie resistenze e mi sono lasciata trascinare.

Ms questo libro non è caratterizzato solo da una penna brillante e una capacità di descrizione notevole.
Ci si appassiona anche alla vicenda delle tre donne protanoniste, la vecchia “invisibile”, voce narrante,
l’affascinante maestra Stephanie e la piccola Fanette, appassionata e promettente pittrice in erba.

Poi c’è il delitto certo.

Ma al di là dell’assassino,intibile e seconario a mio avviso, c’è anche un’altra verità che è sempre stata sotto i nostri occhi,
ma che grazie all’abile gioco di specchi e di colori di Bussi, personalmente ho capito solo leggendo le ultime pagine,
e che mi ha fatto esclamare sorridendo ‘diavolo di uno scrittore’.
E dire che gli ultimi thriller/gialli che ho letto li ho sempre trovati scontati, tanto da essere spesso annoiata.
E’ un libro però che consiglio a tutti, non solo agli amanti del genere, perché l’indagine è solo un espediente per raccontare molto di più
ed addentrarsi nella natura della mente umana.

Si capisce che mi è piaciuto?

Lo avete letto? e nel caso non lo aveste ancora fatto, che aspettate?

Se ancora non sono riuscita ad incuriosirvi vi lascio l’incipit

Tre donne vivevano in un paesino.
La prima era cattiva, la seconda bugiarda e la terza egoista.
Il paese aveva un grazioso nome da giardino: Giverny.
La prima abitava in un grande mulino in riva a un ruscello, sul chemin du Roy; la seconda in una mansarda sopra la scuola, in rue Blanche-Hoschedé-Monet; la terza con la madre in una casetta di rue du Château-d’Eau dai muri scrostati.
Neanche avevano la stessa età. Proprio per niente. La prima aveva più di ottant’anni ed era vedova. O quasi. La seconda ne aveva trentasei e non aveva mai tradito il marito. Per il momento. La terza stava per compierne undici e tutti i ragazzi della scuola erano innamorati di lei. La prima si vestiva sempre di nero, la seconda si truccava per l’amante, la terza si faceva le trecce perché svolazzassero al vento.

Insomma, avete capito. Erano tre persone molto diverse. Eppure avevano qualcosa in comune, una specie di segreto: tutte e tre sognavano di andarsene. Sì, di lasciare la famosa Giverny, paese il cui solo nome faceva venire voglia a una quantità di gente di attraversare il mondo solo per farci due passi.
Sapete naturalmente perché: per via dei pittori impressionisti.
La prima, la più anziana, possedeva un grazioso quadro. La seconda era molto interessata agli artisti. La terza, la più giovane, sapeva dipingere bene. Anzi, benissimo.
Strano che volessero lasciare Giverny, vero? Tutte e tre pensavano che quel paesino fosse una prigione, un gran bel giardino ma con le inferriate. Come il parco di un manicomio. Un trompe-l’œil. Un quadro da cui è impossibile uscire. In realtà la terza, la più giovane, cercava un padre altrove. La seconda cercava l’amore. La prima, la più vecchia, sapeva cose sulle altre due.

Eppure una volta, per tredici giorni e solo per tredici giorni, le inferriate del parco si aprirono. Per l’esattezza, dal 13 al 25 maggio 2010. Le inferriate di Giverny si sollevarono per loro! Solo per loro, almeno così pensavano. C’era però una regola crudele: soltanto una poteva fuggire, le altre due dovevano morire. Era così.
Quei tredici giorni sfilarono via nelle loro vite come una parentesi. Troppo breve. Anche crudele. La parentesi si aprì il primo giorno con un omicidio e si chiuse l’ultimo giorno con un altro omicidio. Stranamente la polizia si interessò solo alla seconda donna, la più bella. La terza, la più innocente, dovette indagare per conto suo. La prima, la più discreta, poté tranquillamente tenere d’occhio tutti. E persino uccidere!

La faccenda durò tredici giorni. Il tempo di un’evasione.
Tre donne vivevano in un paesino.
La terza era quella con più talento, la seconda era la più furba e la prima era la più determinata.
Secondo voi, quale delle tre è riuscita a scappare?
La terza, la più giovane, si chiamava Fanette Morelle. La seconda si chiamava Stéphanie Dupain. La prima, la più vecchia, ero io.

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